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I Vangeli Edizione numerata da ART’E’ nel 2003 di 3500 copie

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I Vangeli Edizione numerata da ART’E’ nel 2003 di 3500 copie

I Vangeli, edizione rara e numerata curata da ART’È nel 2003, in tiratura di 3500 esemplari.

I Vangeli edizione con stampa numerata 2287 su 3500.

I Vangeli, Volume prodotto con alta qualità artigianale, ideale per un regalo o in una biblioteca privata di prestigio.

I Vangeli  volume con legatura rigida in pelle.
I Vangeli, il volume contiene carte selezionate prodotte da cotone.

I Vangeli il volume contiene immagini commissionate all’ artista Elvio Marchionni.

Introduzioni curate da Bruno Forte. Sul fronte di coperta sono presenti una croce in fusione di conio ricoperta di oro 24K con incastonate a mano pietre naturali.

E le effigi a rilievo in fusione ricoperta sempre in oro 24K dei quattro evangelisti. La applicazioni in fusione sono state curate dalla Fonderia Artistica FARBEL, la incastonatura delle 9 gemme è stata curata dagli Orafi della Nemesi.

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Descrizione

I Vangeli Edizione numerata da ART’E’ nel 2003 di 3500 copie

I Vangeli, edizione rara e numerata curata da ART’È nel 2003, in tiratura di 3500 esemplari.

I Vangeli edizione con stampa numerata 2287 su 3500.

I Vangeli, Volume prodotto con alta qualità artigianale, ideale per un regalo o in una biblioteca privata di prestigio.

I Vangeli  volume con legatura rigida in pelle.
I Vangeli, il volume contiene carte selezionate prodotte da cotone.

I Vangeli il volume contiene immagini commissionate all’ artista Elvio Marchionni.

Introduzioni curate da Bruno Forte. Sul fronte di coperta sono presenti una croce in fusione di conio ricoperta di oro 24K con incastonate a mano pietre naturali.

E le effigi a rilievo in fusione ricoperta sempre in oro 24K dei quattro evangelisti. La applicazioni in fusione sono state curate dalla Fonderia Artistica FARBEL, la incastonatura delle 9 gemme è stata curata dagli Orafi della Nemesi. Vangeli.

OGGETTISTICA:https://www.portobellomania.com/oggettistica-2/

I Vangeli (talvolta indicati nel complesso con Vangelo) sono libri che raccontano la vita e la predicazione di Gesù di Nazareth e quindi la base su cui si fonda il cristianesimo.Vangeli.

“Vangelo” deriva dalla parola greca εὐαγγέλιον (euanghélion), che arriva all’italiano attraverso il latino evangelium e significa letteralmente “lieto annunzio” o “buona notizia”. Vangeli

Nell’arco di diversi secoli furono composti numerosi testi designati come “vangeli”, sebbene di genere letterario diverso.Vangeli

Alcuni di essi, diffusi nei primi secoli di vita della comunità cristiana, sono andati persi, divenendo noti solo per la citazione della loro esistenza in opere successive alla loro composizione; parte di questi sono stati riscoperti grazie ai ritrovamenti archeologici a partire dal XIX secolo. Vangeli

Tra i vangeli sopravvissuti fino ai nostri giorni, i quattro più antichi, che narrano la vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo (Vangelo secondo Matteo, Vangelo secondo Marco, Vangelo secondo Luca e Vangelo secondo Giovanni) sono considerati canonici dalle confessioni cristiane, che considerano gli altri vangeli apocrifi. Vangeli

Evangelo è il termine per tradurre il greco εὐαγγέλιον (lett. “buona notizia” o “lieta novella”).Vangeli

Indica come tale non tanto le varie composizioni, chiamate anch’esse vangeli, ma il loro contenuto, il messaggio della redenzione in Gesù Cristo, quello che si ritrova nel Nuovo Testamento e che fa da base alla fede cristiana. Vangeli

Nel Nuovo Testamento, esso è dapprima la proclamazione stessa di Gesù della prossimità del Regno di Dio, e poi la proclamazione dei suoi apostoli che nella sua vita, morte e risurrezione, il Regno di Dio è stato stabilito, e le modalità in cui la salvezza, il perdono dei peccati, la risurrezione e la vita eterna sono offerti a coloro che lo accolgono con fede. Vangeli

È solo più tardi che questo termine è stato usato nei primi scritti cristiani che narrano la storia di quell’unica manifestazione della “buona notizia” nella persona e nell’opera di Gesù Cristo. Vangeli.

Già nel 160, infatti, Giustino, nella sua Prima apologia, afferma che le memorie degli apostoli vengono chiamate Vangeli.

È la prima testimonianza in cui si passa dal Vangelo come annuncio predicato al Vangelo come testo scritto[1].Vangeli.

La maggioranza degli studiosi concorda sull’esistenza di raccolte di detti o avvenimenti la cui stesura precede quella dei Vangeli canonici; lo stesso Vangelo di Luca, nella sua introduzione, cita la precedente esistenza di diversi resoconti dei fatti (“Poiché molti hanno posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi”)[2] Il termine impiegato da Luca “διήγησις” (diēgēsis) è impiegato nel greco classico per indicare la narrativa storica[Nota 1]

Nel Nuovo Testamento tuttavia il termine “vangelo” non è normalmente impiegato per indicare i quattro testi canonici, anche se nei secoli una frase della seconda lettera ai Corinzi “Con lui abbiamo inviato pure il fratello che ha lode in tutte le Chiese a motivo del vangelo” (8:18) è stata a volte interpretata come un riferimento all’evangelista Luca e all’opera tradizionalmente attribuitagli.[3]

Il contesto dell’uso del sostantivo εὐαγγέλιον e il verbo relativo εὐαγγελίζω nel Nuovo Testamento è la traduzione greca della seconda parte della profezia del Libro di Isaia (40,9[4]; 52,7[5]; 60,6[6]; 61,1[7]) che è citata molte volte o si fa allusione nel Nuovo Testamento (es. Marco 1:3; Romani 10:15; Luca 4:17-21; Matteo 11:5; Luca 7:22).

Nella teologia luterana il termine Evangelo è usato per rappresentare la rivelazione del Nuovo Testamento in contrasto con la Legge (l’antica dispensazione).

Nell’Antico Testamento

In Isaia 52,7[8] si parla del “messaggero di buone notizie”. L’espressione “lieti annunci” contiene nella versione greca la stessa parola “vangelo”. Il contesto è quello del ritorno a Gerusalemme degli esiliati in Babilonia.

Isaia, 61,1[9] è un passo profetico ripreso da Gesù quando si presentò nella sinagoga di Nazaret, sua città natale.

Parla dell’azione dello Spirito di Dio sul “consacrato” (messia) del Dio ebraico. L’opera del messia sarà una “buona notizia” (“vangelo”) per i poveri, consistendo nella loro liberazione. Appunto Gesù applicherà a sé e alla sua opera questo annuncio dell’antico testamento. Vangeli

Nel Nuovo Testamento

Vangelo come annuncio del Regno

Troviamo il termine nei vangeli sinottici, in bocca allo stesso Gesù:

« Il tempo è compiuto, e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete alla buona notizia (vangelo) »   ( Mc 1,15, su laparola.net.)

Qui la parola indica l’irruzione di Dio nella storia degli uomini attraverso la persona di Gesù di Nazaret.

Lo stesso significato si trova in Paolo di Tarso nella Lettera ai Filippesi, dove lungo tutta la lettera ritorna l’idea del vangelo-buona notizia che si è diffuso nella comunità di Filippi: parla della sua gioia per la loro “cooperazione alla diffusione del Vangelo” (1,5[10]) e della “grazia che mi è stata concessa sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del Vangelo” (1,7[11]); riconosce che le sue “vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del Vangelo” (1,12[12]); è cosciente di essere stato “posto per la difesa del Vangelo” (1,16[13]); invita i filippesi a comportarsi “da cittadini degni del Vangelo” (1,27[14]); ecc. ecc.

Lo stesso significato appare nella Lettera agli Efesini, dove risalta che il vangelo è l’annunzio di Cristo, trasmesso dagli apostoli:

« In lui (Cristo) anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso »   ( Ef 1,13, su laparola.net.) Vangeli
 
« I pagani cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo »   ( Ef 3,6, su laparola.net.)
La diffusione delle comunità cristiane nei primi secoli dopo Cristo e le diversità tra di loro furono tra le cause della proliferazione di diversi testi sacri e Vangeli[18].

Così come per un importante sito archeologico esistono più strati ciascuno dei quali appartenente ad epoche diverse nel caso dei vangeli l’analisi storico-filologica ricava dall’esame dei testi una struttura “a strati”.

In realtà qualcosa di simile è dichiarato dagli evangelisti stessi, ad esempio il compilatore del vangelo di Luca nella prefazione scrive:

«Poiché molti hanno intrapreso ad esporre ordinatamente la narrazione delle cose che si sono verificate in mezzo a noi, come ce le hanno trasmesse coloro che da principio ne furono testimoni oculari e ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver indagato ogni cosa accuratamente fin dall’inizio, di scrivertene per ordine, eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate.»

Nei vangeli si possono riscontrare diverse componenti stratificate, talvolta articolate in varianti testuali, tra le quali:

  • testi o tradizioni orali attribuiti a Gesù (vedi ipotesi fonte Q);
  • testi o tradizioni orali basati risalenti alle sette cosiddette giudeo-cristiane (nelle lingue semitiche di allora, in particolare in aramaico, o in copto, in riferimento a molti vangeli apocrifi).

La trasmissione orale della vita e dell’insegnamento di Gesù, così come della storia della sua resurrezione, avvenuta nei decenni immediatamente successivi alla sua morte, potrebbero aver causato una sorta di selezione sugli eventi riportati, mantenendo solo quelli ritenuti più importanti per il messaggio religioso, così come una modifica dell’ordine degli avvenimenti[19].

La trasformazione in forma scritta della tradizione orale potrebbe aver avuto, tra le altre motivazioni, anche quella di creare una versione condivisa che potesse essere diffusa in comunità differenti, senza le modifiche che la trasmissione orale rischiava di comportare[19].

Tra le altre motivazioni della redazione scritta del messaggio evangelico ci furono anche la necessità di testi per la celebrazione liturgica, di testi per la catechesi, e quindi per la formazione dei credenti, di redazioni evangeliche che consentissero la difesa della chiesa primitiva da accuse, calunnie e fraintendimenti.

In occasione del Concilio Vaticano II si sottolineò, tra l’altro, che «gli autori scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce o già per iscritto, redigendo una sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere»[20]

Stando ai frammenti a noi giunti e alle opere successive che ne parlano, il vescovo Papia di Ierapoli, nella sua Esegesi delle parole del Signore (120/125 circa), cerca di raccogliere le testimonianze orali relative all’operato di Gesù: questo dimostrerebbe che, anche a distanza di un secolo dagli eventi narrati e di alcuni decenni dalla scrittura dei primi Vangeli, a fianco alle opere scritte, era ancora presente e diffusa nelle comunità cristiane una forte tradizione orale degli insegnamenti di Cristo[21].

Vangeli canonici

Lo stesso argomento in dettaglio: Età apostolica e Vangeli apocrifi.

Dei vari vangeli scritti tra il I e il II secolo d.C. diffusi nelle sette giudeo-cristiane[22], solo quattro sono entrati a far parte del canone della Bibbia, dell’elenco, cioè, dei libri considerati “ispirati” da Dio e accettati dalle Chiese cristiane: il Vangelo secondo Matteo, il Vangelo secondo Marco, il Vangelo secondo Luca e il Vangelo secondo Giovanni.

Il primo a formare un canone del Nuovo Testamento fu il teologo Marcione, attorno al 140. Marcione, che riteneva che il Dio degli ebrei non fosse lo stesso Dio dei cristiani, formò un proprio canone composto dal Vangelo di Marcione, una rielaborazione del Vangelo secondo Luca dal quale Marcione aveva rimosso tutte le parti non compatibili con il proprio insegnamento e che riteneva fossero interpolazioni successive[23] e da alcune lettere di Paolo. Tra le parti del Vangelo di Luca che Marcione aveva escluso, vi erano anche i primi due capitoli, che contengono tra le altre cose la dichiarazione dell’esistenza di resoconti precedenti e alcuni riferimenti al regno ebraico.

Ad insistere che i vangeli dovessero essere quattro fu Ireneo di Lione, un teologo del II secolo, il quale, contestando gruppi cristiani da lui ritenuti eretici come gli Ebioniti o i seguaci di Valentino e Marcione, che ne usavano un numero differente, affermò: “Poiché il mondo ha quattro regioni e quattro sono i venti principali […] il Verbo creatore di ogni cosa […] rivelandosi agli uomini, ci ha dato un Vangelo quadruplice, ma unificato da un unico Spirito”[24]. Al II secolo risale il Canone muratoriano, il quale elenca i quattro vangeli poi inseriti nel canone cristiano. In particolare, il Canone muratoriano è un documento ecclesiale datato intorno al 170 e pervenutoci tramite un manoscritto incompleto dell’VIII secolo, in cui vengono citati come canonici i vangeli di Luca e Giovanni, oltre ad altri due di cui non sono più leggibili i nomi. Nel frammento di 85 righe si fa riferimento a “Pio vescovo di Roma morto nel 157” e sono indicati alcuni criteri di selezione per i testi canonici, tra cui l’antichità e il legame diretto con la predicazione degli apostoli[25].

Riferimenti ai vangeli e citazioni di loro passi sono presenti fin dalla prima letteratura cristiana: notizie sui vangeli di Marco e Matteo si hanno ad esempio verso il 120, quando Papia di Ierapoli, secondo quanto ritrovato nella Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, riferisce che “Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse accuratamente, ma non in ordine, tutto ciò che ricordava delle cose dette o fatte dal Signore” e cita inoltre la presenza di una raccolta di detti di Gesù scritti in lingua ebraica da Matteo[26]. Oltre che in Marcione (140), citazioni dal vangelo di Luca sono inoltre presenti negli scritti, datati 150160, di Giustino, che riporta anche detti di Matteo e al termine “vangelo” preferisce l’espressione “memorie degli apostoli”.[27][Nota 3]

La formazione definitiva del canone cristiano della Bibbia fu però un processo lungo, che avvenne nel corso del IV secolo: a seguito dei risultati del concilio di Roma (382), del sinodo di Ippona (393) e dei sinodi di Cartagine (397 e 419), papa Innocenzo I riconobbe i quattro vangeli nominati dal Muratoriano come canonici. Per avere prese di posizione ufficiali e dogmatiche sul canone biblico (che per tutte le principali confessioni cristiane comprenderà sia i quattro Vangeli canonici che gli Atti degli Apostoli) occorrerà tuttavia attendere gli effetti della riforma protestante e della successiva controriforma: per i cattolici il 1545, con il concilio di Trento[28], i Trentanove articoli di religione del 1562 per la Chiesa anglicana, la confessione di fede di Westminster, sviluppata negli anni ’40 del XVII secolo per il Calvinismo e il sinodo di Gerusalemme del 1672 per la chiesa ortodossa greca. L'invito di papa Francesco: leggere il Vangelo! - Serra Club Italia

La scelta dei vangeli canonici

Il processo che porterà alla definizione dei quattro vangeli canonici ha il suo momento decisivo nel II secolo[29][Nota 4] quando, probabilmente in risposta al canone proposto da Marcione[30], nell’area latina e greca comincia ad affermarsi il riconoscimento di quattro vangeli (Matteo, Marco, Luca, Giovanni) come più importanti.

L’ipotesi che il primo a redigere un canone del Nuovo Testamento sia stato Marcione, sviluppata da Adolf von Harnack[31],è comunque oggetto di dibattito[32][33][Nota 5][Nota 6][Nota 7]. Secondo il teologo Giovanni Magnani, ad esempio, i quattro Vangeli, gli Atti e le principali lettere di Paolo, erano considerate già all’inizio del II secolo letture fondamentali e come tali lette nelle chiese principali del tempo[34] per cui il canone si sarebbe formato tra la fine del I e l’inizio del II secolo, anche se ovviamente non ancora completo in tutte le chiese[32][Nota 8]. I Padri della Chiesa e gli scrittori ecclesiastici parlano dei libri del Nuovo Testamento come di Scritture[Nota 9], tuttavia prima degli stessi Padri, l’idea che gli scritti neotestamentari dovessero essere letti nelle comunità appare dallo stesso Nuovo Testamento “quando Paolo esorta i Colossesi (4,16[35]) a leggere la lettera inviata ai Laodicesi, e quelli a leggere la presente ai Colossesi”[36].

L’accenno più antico ai quattro vangeli canonici si ha probabilmente nel 150 in Giustino[37], cui segue Ireneo di Lione[Nota 10][38], che sviluppa la sua teoria sul canone verso il 180[39], fino ad Origene, intorno alla fine del II secolo[Nota 11]. Il maggiore impulso a questo processo si ebbe probabilmente a Roma, dove nel 140 era presente Marcione, anche se l’Asia Minore ebbe comunque, verosimilmente, un ruolo rilevante[Nota 12].

27 domande sui Vangeli | documentazione.info

La scelta dei quattro vangeli canonici trova riscontro nel canone muratoriano del 170 e nell’ampia testimonianza dei Padri della Chiesa, oltre che nella quantità di manoscritti neotestamentari ritrovati, che possono essere così divisi: 115 papiri (tra cui il papiro 45 che contiene i 4 vangeli canonici e gli Atti degli Apostoli), 309 onciali (codici a carattere maiuscolo), 2862 minuscoli, 2412 lezionari ad uso liturgico[40]. Tra questi codici la metà contengono tutti i quattro vangeli canonici[41]. Anche Bruce Metzger osserva come i testi del Nuovo testamento siano straordinariamente ben documentati rispetto alle altre opere dell’antichità: ci sono infatti pervenuti 5664 manoscritti in greco, e oltre 18000 manoscritti in traduzione (latino, etiopico, slavo, armeno), per un totale di quasi 24000 manoscritti.[42] Al contrario vennero esclusi dal canone tutti quei testi che contenevano deformazioni e alterazioni della tradizione più antica[43], non erano coerenti con l’ortodossia del tempo o non sembravano risalire all’autorità degli apostoli[44]. Esistevano infatti altri libri che, pur essendo apprezzati e letti, come la Didaché, la lettera di Barnaba, le lettere di Clemente romano, non furono tuttavia messi nel conto di quelli accettati ad uso liturgico. Vangeli, Atti e lettere apostoliche furono considerati già precocemente come libri ispirati[34][45]. Questa attenzione alla tradizione trova riscontro[46] nel fatto che, tra le varie citazioni dei vangeli da parte degli autori più antichi, non vengono quasi mai citati gli apocrifi. Per esempio Giustino cita i vangeli 268 volte nei suoi scritti, Ireneo 1038 volte, Clemente Alessandrino 1017 volte, Origene 9231 volte, Tertulliano 3822 volte, Ippolito 754 volte, Eusebio di Cesarea 3258 volte. Abbiamo circa ventimila citazioni dei vangeli canonici, delle quali circa settemila nei primi 190 anni dopo Cristo, e pressoché nessuna[Nota 13] citazione degli apocrifi[47].

I vangeli Canonici di Gesù - Benvenuti su ilredeire! Gesù di nazaret

Quando nel cristianesimo delle origini si definì la canonicità dei quattro vangeli vennero seguiti alcuni criteri di inclusione, alcuni presenti anche nel canone muratoriano del 170:[48]

  • L’antichità delle fonti. I quattro Vangeli canonici, risalenti al I secolo d.C., sono tra le fonti cristiane più antiche e meglio documentate per numero dei manoscritti o codici. Per questo motivo vengono esclusi dal canone Il pastore di Erma e molti vangeli apocrifi[43], alcuni dei quali scritti a trecento anni di distanza dagli eventi.
  • L’apostolicità. Gli scritti per essere “canonici” dovevano risalire agli Apostoli o a loro diretti discepoli, come per i quattro Vangeli canonici[49][50], la cui struttura linguistica rivela evidenti tracce semitiche.
  • La cattolicità o universalità dell’uso dei Vangeli. I testi, in base a questo criterio, dovevano essere accettati da tutte le chiese principali (“cattolico” significa “universale”), quindi dalla chiesa di Roma, Alessandria, Antiochia, Corinto, Gerusalemme, e dalle altre comunità dei primi secoli. Ci doveva essere insomma un accordo su un punto della dottrina della fede che non era stato contestato per lungo tempo[51]. Egesippo fu tra i primi a giudicare la dottrina cristiana sulla base di questo criterio, controllando la corrispondenza nelle comunità apostoliche e la continuità della tradizione, respingendo in questo modo le dottrine gnostiche[52]
  • L’ortodossia o retta fede. I testi dovevano essere coerenti con l’ortodossia del tempo[44], anche in relazione alle divisioni sorte con Marcione e lo gnosticismo[Nota 14].
  • La molteplicità delle fonti, con la quale ci si riferisce alla molteplice attestazione dei vangeli canonici[Nota 15].
  • La plausibilità esplicativa[53]. Una fonte storica deve fornire al lettore una spiegazione consequenziale degli eventi, secondo una coerenza di causa ed effetto, che renda comprensibile il succedersi degli eventi.

I Vangeli sono “imbarazzanti”, per questo sono attendibili | UCCR

Storicità dei vangeli canonici

«La documentazione su Gesù contrariamente a ciò che spesso si dice, si rivela, per la quantità, molto più ricca di quella che informa su altri grandi uomini dell’antichità»

I cristiani affermano che i quattro vangeli canonici e gli altri scritti del Nuovo Testamento sono ispirati da Dio e raccontano fedelmente la vita e l’insegnamento di Gesù[Nota 16]; anche i miracoli riportati dai vangeli sarebbero realmente avvenuti, nonché l’evento della resurrezione di Gesù. Alcuni autori, invece, interpretano gli eventi soprannaturali narrati dai vangeli come racconti mitici elaborati dalle prime comunità cristiane[Nota 17].

Fino al XVIII secolo non ci fu una posizione critica nei confronti della storicità dei vangeli, anzi l’esegesi biblica cristiana era caratterizzata da una piena fiducia nei confronti del narrato neotestamentario, e anche di quello veterotestamentario, tant’è che, prima del Settecento, nessuna chiesa o teologo cristiano metteva in dubbio l’inerranza biblica. Fu dunque nel Settecento, a causa della nascita dell’illuminismo, che si mise in discussione la veridicità, e quindi la storicità, del resoconto evangelico, dando il via a un dibattito (e nei secoli successivi a una ricerca storica e archeologica estremamente approfondita[55]) cui presero parte autori come Hermann Samuel Reimarus, Friedrich Schleiermacher, David Strauss, Ferdinand Christian Baur, Martin Kähler, William Wrede, fino ad Adolf von Harnack della cosiddetta “scuola liberale” di tendenza naturalistica, e del suo discepolo, il teologo luterano Rudolf Bultmann, con la sua “teoria della demitizzazione”[56]. Lo studio e l’indagine sulla storicità dei vangeli intende ottenere quella certezza storica circa l’attendibilità e la credibilità del resoconto evangelico[57].

I quattro Vangeli - LetterMagazine

Mentre nell’Ottocento l’analisi storica razionalistica venne indirizzata da alcuni autori su posizioni che negavano l’esistenza stessa di Gesù[Nota 18], nella prima metà del Novecento, Rudolf Bultmann sostenne la rottura esistenziale tra Gesù di Nazareth, esistente ma “di cui non si sa praticamente niente”, e il messaggio evangelico.

Per Bultmann i Vangeli erano caratterizzati da una forte componente “mitica“, consona alla mentalità delle prime comunità cristiane, che li rendeva poco credibili alla società contemporanea[58]. Nella sostanza, rimuovendo tutto ciò che è metafisico o soprannaturale dal Nuovo Testamento (“demitizzazione”), si sarebbe ricondotto in primo piano il messaggio di Cristo (Kerigma), che doveva avere la priorità[58].

Ciò che restava dei vangeli, secondo Bultmann, poteva dare poche informazioni sul Gesù storico. «Per Bultmann i Vangeli non furono scritti dagli evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ma dalla tarda Comunità cristiana degli anni 70100 dopo Cristo, che non aveva conosciuto Gesù»[59].

Col tempo la radicalità della posizione di Bultmann e della scuola razionalista fu abbandonata[Nota 19][Nota 20]. Gli stessi suoi allievi si divisero rispetto alle sue posizioni, tanto che uno dei più illustri, Ernst Käsemann, in una conferenza del 1953, ritenne necessario un recupero della storicità di Gesù[Nota 21].

Una critica cui lo stesso Bultmann replicò in una successiva conferenza a Heidelberg, nel luglio 1959, dando il via a un confronto che proseguì per alcuni anni[60]. Rimase in piedi tuttavia l’interpretazione mitica o leggendaria dei racconti evangelici, enunciata per primo da David Strauss[Nota 22].

Nel 1976 uscì Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori.Vangeli

Fra le varie prove, Messori presenta l’assenza nei testi di parole di Gesù sui problemi dottrinali che la Chiesa dovette immediatamente affrontare alle sue origini, comparando i Vangeli con l’insegnamento di Socrate, scritto da Platone; infatti Messori si chiede perché la fabulazione non abbia creato le parole che eliminassero eresie e scismi[61]. Un’altra prova è la presenza di antenate dallo scrittore definite “scandalose” nella genealogia di Gesù, come Raab e Rut[62]. Vangeli

È però a partire dagli anni ottanta che matura, nell’ambito anglo-americano, una reazione all’esegesi tedesca, finalizzata a evidenziare la continuità tra Gesù e l’ambiente giudaico: si tratta della Third Quest (“Terza ricerca del Gesù storico“) che tende a ricollocare Gesù nella sua epoca e a considerarlo in quanto ebreo della Galilea, comune e singolare al contempo. Il denominatore comune di tutti gli studiosi di questa terza fase è la contestualizzazione di Gesù nel giudaismo. Il Gesù storico è visto in continuità con il suo ambiente naturale, quello palestinese, in particolare galileico[63].

Oggi alla ricerca sulla storicità dei vangeli contribuisce una molteplicità di scoperte storiche e archeologiche relative ad esempio ai luoghi descritti nei vangeli. In particolare scavi condotti negli ultimi due secoli confermano l’attendibilità delle descrizioni fornite in relazioni a luoghi quali la Piscina di Siloe e la Piscina di Betzaeta, così come la pratica della crocifissione a Gerusalemme durante il I secolo d.C.[64]
Esistono inoltre riscontri archeologici in relazione a Ponzio Pilato e ad altri personaggi citati nei vangeli, come Simone di Cirene. Si hanno evidenze archeologiche anche degli antichi villaggi di Nazareth e Cafarnao, e attestazioni della presenza di cristiani nei primi secoli, come molteplici sono anche i riferimenti storici presenti nei vangeli e confermati dall’esame comparativo di altre fonti; a tal proposito esistono concordanze tra i vangeli sinottici e le testimonianze del mondo greco-romano: nel Vangelo di Luca (3,1-3[65]) il testo enumera sette distinti capi religiosi e politici, tutti con i loro nomi e titoli e tutti storicamente documentati[66]. Anche la figura di Giovanni Battista è riportata da fonti dell’epoca non cristiane[Nota 23].

È tuttora materia di discussione, in alcuni ambiti di studio, quali siano state, tra le parole che i vangeli gli attribuiscono, quelle effettivamente da lui pronunciate. La ricerca esegetica attuata con il metodo storico-critico condivide alcuni criteri per risalire al nocciolo più antico nell’indagine storica su Gesù[63][67][68]. Si tratta del “criterio della attestazione molteplice“, del “criterio di discontinuità“, del “criterio di conformità“, del “criterio della plausibilità esplicativa“, del “criterio dell’imbarazzo” (o contraddizione). Generalmente sono accettate come storiche le parole presenti in vangeli che siano stati redatti sulla base di documenti indipendenti[69], come ad esempio il Vangelo di Giovanni.

Una parte della critica rifiuta in blocco il valore storico dei vangeli, affermando che essi sono documenti “di parte” e quindi non attendibili, benché alcuni vangeli presentino riferimenti storici riportati anche da fonti indipendenti (come gli Annali di Tacito, le Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio, le epistole di Plinio il Giovane all’imperatore Traiano, il De Vita Caesarum di Svetonio, l’orazione contro i cristiani di Marco Cornelio Frontone e altri) e fatti coerenti con la Palestina del I secolo[69].

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